Protesidanca.net | Ecco come appare la testa del femore di una anca artrosica

Una serie di teste del femore appena rimosse dal paziente. Si notano gli evidenti segni di usura dell’osso dovuti all’assenza di cartilagine degeneratasi in conseguenza all’artrosi
Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo durante un intervento protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore | Ars Medica – Roma

Sono più di 4 milioni gli italiani che soffrono di artrosi, vale a dire il 12% della popolazione. Si tratta di una malattia cronica, caratterizzata da una progressiva degenerazione di tutta l’articolazione che ne è interessata.

L’artrosi non fa distinzioni: può interessare in egual misura sia uomini che donne, giovani e meno giovani. Nella comparsa dell’artrosi, in particolare agli arti inferiori, gioca un ruolo chiave l’obesità. Perché crea un sovraccarico, soprattutto sulle articolazioni di anca, ginocchio, piede. Chi ha l’artrosi ha maggiore difficoltà nella mobilità, e anche per questo fa meno attività fisica. Così si innesca un circolo vizioso, dannoso per il benessere in generale.

L’artrosi inizia sempre con sintomi lievi, e, se trascurati, portano gradualmente alla deformazione e poi alla degenerazione della cartilagine, delle ossa, dei tendini e dei muscoli interessati. Basterebbe trattarla tempestivamente, quando si presentano le prime avvisaglie, adottando innanzitutto uno stile di vita diverso da quello condotto fino a quel momento.

Non esiste a tutt’oggi un rimedio per poter rigenerare la cartilagine ma d’altronde basta osservare come appare all’occhio nudo una testa del femore artrosica per rendersene conto. Il consumo progressivo della cartilagine del cotile e della testa provoca l’esposizione del tessuto osseo da ambo i lati dell’articolazione dell’anca, la conseguenza è lil reciproco sfregamento osseo delle superfici con annesso dolore e limitazione articolare.

Evidenziata dal cerchio si nota la zona dove la cartilagine è scomparsa. L’osso appare alla vista levigato dal prolungato sfregamento diretto con l’osso anch’esso scoperto della cartilagine acetabolare. In queste condizioni non è più possibile alcun trattamento se non la sostituzione protesica dell’anca.

La prevenzione è sempre l’arma migliore anche perché si può limitare l’uso, che spesso diventa abuso, di antinfiammatori e antidolorifici che possono avere effetti collaterali nel lungo periodo sullo stomaco e sui reni.

È importante infine che i muscoli lavorino, perché sono essenziali nel coadiuvare la funzione dell’articolazione nel movimento. Se i muscoli non sono allenati, si lascia al solo scheletro il compito di muoverci e questo ha un costo sulle articolazioni.

E’ evidente quindi che successivamente ad un eventuale intervento di sostituzione protesica dell’anca sia fondamentale la preservazione di tutto l’apparato muscolare dell’articolazione. Ciò è oggi possibile grazie all’accesso anteriore mininvasivo all’anca. Con questo tipo di chirurgia, si passa attraverso i muscoli senza inciderli o staccarli con la conseguenza di accelerare enormemente il recupero post operatorio e risparmiare oltre al dolore anche eccessive perdite ematiche.

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Il Dr Cammarano a sinistra, e il Dr De Peppo
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