Anatomia | I vantaggi della protesi d’anca mininvasiva anteriore

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Quali sono i vantaggi offerti dall’accesso mini-invasivo anteriore?

  • Un più rapido recupero post operatorio poiché permette al chirurgo di lavorare tra i muscoli e i tessuti senza staccarli o tagliarli mantenendoli integri.
  • Minore dolore muscolare = immediata ripresa della funzionalità dell’articolazione
  • Aiuta a prevenire il rischio di lussazioni protesiche mantenendo la nuova articolazione in sede proprio grazie alla conservazione integrale delle strutture muscolari. 
  • Rende minore la perdita ematica intra-operatoria.

 Perché scegliere l’accesso mininvasivo anteriore?

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Perche è una via anatomica che sfrutta l’interstizio tra i muscoli sartorio e retto femorale (medialmente) ed il tensore della fascia lata (lateralmente) per accedere all’anca, senza inciderli o staccarli. 

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Passare tra i muscoli senza inciderli o staccarli

Ogni altro accesso chirurgico all’anca, laterale (freccia azzurra) o postero-laterale (freccia verde) necessita l’incisione o il distacco delle inserzioni muscolari. Un passaggio anatomico inter-muscolare consente invece a chi pratica la mininvasiva anteriore di lavorare sull’anca senza effettuare alcun distacco o incisione. Tutto questo grazie anche all’impiego di nuovi impianti protesici e strumentari specifici

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Il risultato è una immediata ripresa funzionale e la consapevolezza di avere al loro posto integre, tutte le strutture muscolo-tendinee dell’articolazione. Questo protegge il paziente dal rischio di lussazione insito negli interventi di artroprotesi d’anca e accelera di conseguenza il recupero post-operatorio.

Riprendere la vita di ogni giorno

Dopo ogni intervento chirurgico si apre una nuova fase per il paziente, quella che dal suo punto di vista diventa la più importante: la guarigione.

Ogni sforzo da parte del chirurgo è finalizzato al successo di questa ultima fase che rappresenta l’obbiettivo d’eccellenza che egli si prefigge prima di ogni atto chirurgico. 

Migliaia di casi maturati in quasi vent’anni di esperienza contribuiscono oggi a fare dell’accesso mini-invasivo all’anca una scelta sempre più condivisa, sia da parte dei pazienti che dei chirurghi.

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Per il Prof. Germano Cammarano ed il Prof. Marco de Peppo, la protesica d’anca con accesso mininvasivo anteriore è una realtà suffragata da migliaia di pazienti operati con successo.

Prima struttura in Italia a utilizzarla sin dal 2003

Prima struttura in Italia per numero di pazienti operati

Primo centro di riferimento in Italia dal 2003

 Chirurgia mini invasiva, nuove tecnologie ed una grande esperienza maturata in tanti anni di casi comportano vantaggi concreti. Vieni a conoscerli di persona.

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Il Dr Cammarano a sinistra, e il Dr De Peppo

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Fitness | Saltellare per 2 minuti al giorno rinforza le ossa delle anche

hip-hoperation-1500x575Fare dell’esercizio quotidiano, si sa, migliora il nostro stato psico-fisico ma contribuisce anche a rafforzare le ossa dell’anca e a ridurre il rischio di fratture a seguito di una caduta, suggerisce un nuovo studio su pazienti non anziani.

Le ossa diventano più sottili con l’età. Nelle ossa dell’anca, questo provoca un maggiore rischio di fratture. Lo studio effettuato alla Loughborough University (UK) dimostra che un esercizio fisico regolare e focalizzato può aiutare a contrastare l’effetto dell’invecchiamento all’osso.

Pubblicato sul Journal of Bone and Mineral Research, lo studio ha misurato l’effetto di brevi periodi di Hopping” quotidiano sulla densità ossea. I ricercatori hanno invitato 34 uomini di età superiore ai 65 anni a esercitarsi con saltelli per 2 minuti al giorno per un anno. Per poter misurare la differenza, l’esercizio è stato eseguito solo su di un lato ovvero solo con saltelli sempre sulla stessa gamba.

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Bene, a fine periodo, la massa ossea è aumentata fino al 7% sulle corticali acetabolari e femorali. I risultati hanno anche mostrato un aumento nella densità dello strato dell’osso spongioso sotto la corticale.

Questi effetti sono stati osservati anche nelle zone più sottili del osso dell’anca, le parti che hanno più probabilità di subire una frattura durante una caduta. I risultati potrebbero aiutare a prevenire e gestire l’osteoporosi, una patologia che è responsabile di oltre 8,9 milioni di fratture in tutto il mondo ogni anno, con una conseguente frattura osteoporotica ogni 3 secondi, secondo l’International Osteoporosis Foundation.

In tutto il mondo, 1 su 3 donne sopra i 50 anni subisce una frattura di origine osteoporotica e 1 su 5 gli uomini di età superiore ai 50. Anche se le donne hanno maggiori probabilità che ciò accada, in genere gli uomini hanno più alti tassi di mortalità legati a questo tipo di fratture.

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Le misurazioni sui risultati sono state effettuate con le nuove tecniche di mappatura delle ossa basate su TC che sono state sviluppate presso l’Università di Cambridge nel Regno Unito. Questi hanno mostrato chiare differenze tra le anche esercitate e quelle no.

I partecipanti erano tutti uomini e i ricercatori non possono dire se gli stessi risultati sarebbero stati raggiunti nelle donne. Inoltre, è importante notare che i partecipanti non sono pazienti con osteoporosi, quindi non è possibile stabilire se gli esercizi sarebbero poco sicuri per le persone in questa condizione. Queste sono alcune delle domande importanti cui ulteriori ricerche dovranno rispondere.

 

Protesi | Uno studio sui problemi degli steli modulari

Mayo-Clinic-Da uno studio pubblicato sul The Journal of Bone and Joint Surgery (JBJS), ha evidenziato le complicazioni relativamente rare ma potenzialmente catastrofiche dal fallimento di protesi a stelo modulare comunemente usate nella chirurgia protesica dell’anca.

La comunità scientifica attualmente ritiene che i vantaggi ottenuti dalla modularità siano superiori ai rischi, ma questo studio solleva ancora una volta la questione del rischio-beneficio. La decisione di pubblicare questo lavoro è stata presa grazie a un caso clinico pubblicato sul JBJS dal professor R. Presley Swann chirurgo presso la Mayo Clinic nell’agosto 2015. Si tratta di tre pazienti che hanno subito una completa dissociazione testa-collo modulare da sette a quattordici anni dopo l’impianto di una protesi d’anca a componenti modulari.

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I fallimenti di questo tipo sugli impianti modulari rappresentano un’opportunità unica per medici e l’industria ortopedica di lavorare insieme per condurre studi multicentrici al fine di capire meglio e prevenire questi esiti rari ma gravi.

“La pubblicazione di questi studi ci aiuta a compiere la nostra missione di servire la comunità ortopedica”, ha commentato Marc Swiontkowski, MD, Editor per JBJS. “Identificare queste eventualità ci permette di scoprire se questi episodi sono in relazione tra loro oppure no e valutare di conseguenza azioni correttive da compiere in collaborazione con le aziende del settore”.

Patologie | Necrosi della testa femorale

Il Dr Cammarano e il Dr De Peppo durante un intervento di protesi d’anca Mininvasiva Anteriore | Ars Medica – Roma
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Nella testa femorale a destra si notano zone scure di rarefazione ossea

L’osteonecrosi della testa del femore si manifesta quando viene meno il giusto approvvigionamento di sangue alla testa del femore. Il risultato è la morte delle cellule ossee della testa e il conseguente crollo strutturale. L’osteonecrosi è anche chiamata necrosi avascolare o necrosi asettica.

Prof. Alexander Munro
Prof. Alexander Munro

Fu il medico scozzese Alexander Munro ad identificarla per primo nella prima metà dell’800. Il Prof. Cruveilhier fu il primo ad attribuire il disturbo ad un’aberrazione della circolazione sanguigna nella testa del femore. Da allora la diagnosi di questo disturbo è via via cresciuta grazie all’evoluzione tecnologica tecnologia e ad una maggiore consapevolezza.

L’osteonecrosi è ormai una malattia comunemente riconosciuta con una significativa morbilità (frequenza percentuale di una malattia in una collettività). La fase finale del processo è la grave distruzione della testa femorale con la degenerazione risultante dell’articolazione dell’anca. In molti pazienti, anche l’identificazione precoce non altera il risultato. Purtroppo, i pazienti che sono affetti da osteonecrosi sono giovani, di solito dal terzo al sesto decade di vita.

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Nella testa femorale a destra zone chiare che indicano sclerotizzazione dell’osso

L’osteonecrosi può essere di origine traumatica o atraumatica. La forma traumatica ha un evento causale originante e viene isolata al particolare frammento osseo coinvolto. La forma atraumatica ha più eziologie e può coinvolgere più ossa. La forma traumatica di osteonecrosi si verifica nel 10% delle fratture del collo del femore composte, il 15-30% delle fratture del collo del femore scomposte e il 10% delle lussazioni dell’anca.

L’assunzione di corticosteroidi (cortisone) contribuisce alla forma atraumatica di osteonecrosi nel 5-25% dei pazienti. Il rapporto maschio-femmina è di circa 4:1. Almeno il 50% dei pazienti con osteonecrosi atraumatica dell’anca sono predisposti a quella bilaterale. Altre ossa possono essere coinvolte nella forma atraumatica, compresa la spalla, il ginocchio e l’astragalo.

La soluzione quando l’articolazione dell’anca è ormai compromessa è la artroprotesi d’anca. Terapie conservative non hanno gli esiti sperati nella quasi totalità dei casi lasciando al paziente la sola opzione protesica. Tecniche mininvasive applicate alla sostituzione totale dell’anca sono oggi un forte contributo ad una veloce ripresa funzionale soprattutto per il paziente giovane ed affetto da questa patologia.

Approccio anteriore all’anca

Dal 2003 a Roma l’equipe del Dr Cammarano e del Dr De Peppo sono stati i primi a Roma e in Italia a dedicarsi alla protesi d’anca con accesso mininvasivo anteriore contribuendo fortemente al successo di questo intervento oggi sempre più richiesto da giovani pazienti ad alta richiesta funzionale.

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Tribologia | Il problema delle protesi con accoppiamento metallo-metallo

Da uno studio pubblicato sulla rivista online BMJ nel mese di aprile 2016 è risultato che le protesi d’anca con testa metallica su cotile metallico impiantate dal 2006 sono più a a rischio di revisione rispetto ad altri accoppiamenti. Sono state fatte ricerche per scoprire i fattori di rischio associati con il fallimento precoce.emanuele.caldarella_bmj

L’uso del metallo su metallo nelle protesi d’anca si è ridotto vertiginosamente negli ultimi cinque anni a causa dell’alto tasso di revisione dovuto probabilmente al rilascio di ioni metallici causato dall’attrito della grande testa metallica direttamente sull’inserto sempre metallico del cortile. Bisogna tenere in considerazione però che migliaia di impianti continuano a rimanere al loro posto. La questione dello studio dei materiali di attrito (tribologia) è da sempre al centro degli obiettivi di un’azienda che opera questo settore e negli anni ormai si è evidenziato che la stragrande maggioranza degli accoppiamenti che il chirurgo ha scelto come elettivi si divide tra polietilene e ceramica e ceramica con ceramica (ndr).

Lo studio ha esaminato lo stato di 434 pazienti con protesi d’anca metallo su metallo operati nel nord dell’Inghilterra e monitorati per una media di 7,5 anni dopo l’intervento. Ne è risultato che 71 protesi sono state sostituite con un tasso di revisione del 16,4 % che i ricercatori descrivono come inaccettabile.

In più, in oltre il 40 % dei casi esaminati la superficie del cono della testa non era perfetta. Questo difetto era significativamente associato con l’eccessivo rilascio di particelle di metallo alla base delle reazioni biologiche che causano questo alto tasso di fallimenti. Nel 19% dei casi esaminati inoltre è stata riscontrata una abbondante colorazione scura dei tessuti limitrofi, visibile ad occhio nudo (metallosi). Si è evidenziato inoltre che gli impianti relativi alle donne avevano anche una più alta probabilità di fallire. Questo anche perché molte più donne rispetto agli uomini sono state operate di protesi d’anca bilaterale.

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I dati del Registro Nazionale congiunto per l’Inghilterra e il Galles per il 2014 indicano che sono state impiantate 11.871 protesi metallo su metallo suggerendo i ricercatori a calcolare che 180.000 persone in tutto il mondo deambulando con con questo tipo di protesi. Questi pazienti potrebbero essere a rischio di un precoce intervento chirurgico di revisione.

Riferimento: studio retrospettivo delle prestazioni del metallo Pinnacle su metallo (MoM) nelle protesi totale d’anca – David John Langton, Raghavendra Prasad Sidaginamale, Peter Avery, Sue Waller, Ghanshyabhai Tank, James Lord, Thomas Joyce, Nick Cooke, Raj Logishetty, Antoni Viraf Francesco Nargol. BMJ aperto. Fonte: Medical News Today

Protesidanca.net | La dismetria degli arti inferiori e l’artrosi

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Accade non raramente di avere un arto leggermente più lungo o più corto dell’altro senza che però non ci si faccia caso fino a quando un ortopedico non ce lo faccia notare. Ciò può essere o meno collegato alla presenza di artrosi degenerativa nell’articolazione dell’anca.

Quando un paziente sta per sottoporsi all’intervento di protesi d’anca, l’ortopedico tiene ben conto di questa dismetria in fase di planning pre-operatorio. Ciò restituisce al paziente la corretta lunghezza degli arti e lo aiuta nel suo percorso di riabilitazione.

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Alcune differenze in lunghezza possono essere comunque esistere a prescindere dall’artrosi e accompagnano il paziente dalla sua nascita. Ad esempio differenze nelle strutture cartilaginee possono dare effetto a una dismetria. Esiti da fratture (mal allineamenti) della tibia o del femore possono causare il non corretto posizionamento dell’articolazione dell’anca e alla lunga provocare artrosi degenerativa precoce.

Il corpo umano spesso è molto bravo a compensare questo non allineamento ma ciò non vuol dire che alla lunga il paziente non ne paghi le conseguenze.

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Quando la sostituzione totale dell’anca diventa inevitabile, il chirurgo in fase preoperatoria deve valutare tutti questi fattori funzionali e strutturali attraverso immagini ai raggi X, risonanze o TAC. Questi esami permettono al chirurgo di valutare ad esempio l’allungamento del femore oltre che un eccessivo varismo o valgismo del collo femorale rispetto alla diafisi.

Durante l’intervento chirurgico vengono ulteriormente ricontrollate queste misure mediante componenti di prova dell’impianto. Viene eseguita una valutazione intraoperatoria della lunghezza dell’arto e conseguentemente la scelta della protesi definitiva.

Il Planning pre-operatorio

L’atto chirurgico in sé non è che la “punta dell’iceberg” di un progetto che comincia ben prima del giorno dell’intervento. Quando il paziente è difronte alla prospettiva di affrontare un intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore, intraprende un percorso che step dopo step costituisce il planning pre-operatorio, ovvero il progetto dell’intervento vero e proprio.

Dopo gli esami clinici di rito al paziente vengono prescritti particolari proiezioni radiografiche dell’area da trattare, sulla quale vengono eseguite tutte le necessarie misurazioni per valutare dimensioni e orientamenti della protesi. Tutti i dati raccolti in questa fase vengono messi in relazione con lo status scheletrico del paziente valutato clinicamente. In questa fase si rilevano per esempio eventuali dismetrie (asimmetrie nella lunghezza degli arti) ed altri parametri biometrici da tenere in considerazione in fase chirurgica.

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Video | I muscoli della coscia e il segreto della mininvasiva

In questo video sono ben descritti i percorsi dei muscoli della coscia. Proprio all’inizio l’autore descrive il tragitto dei due muscoli che interessano particolarmente l’accesso miminvasvo anteriore all’anca e cioè: Tensore della fascia lata e Sartorio. 

Proprio sotto la zona della loro biforcazione, subito dopo aver lasciato la loro inserzione sull’ala iliaca, si possono intravedere la testa del femore e l’acetabolo. Questo è il punto in cui il chirurgo inserisce i divaricatori per poi procedere con la protesizzazione d’anca. Unica finestra anatomica intermuscolare possible, questa zona rappresenta il fulcro attorno al quale ruota tutta la grande esperienza dei chirurghi che hanno scelto questo accesso come loro fiore all’occhiello.

Approccio anteriore all'anca
Approccio anteriore all’anca
Al CTO di Roma la grande via anteriore alll’anca si pratica da più di trent’anni e quindi nel 2003 al tempo in cui le nuove tecnologie lo hanno permesso, è stato più facile incominciare quel percorso che oggi lo pone come centro con la più lunga esperienza in Italia.

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Video | Come funzionano i muscoli dell’anca?

In un video tratto dal sito anatomylearning una chiara descrizione dei muscoli che agiscono sul movimento dell’anca. Veri e propri motori muscolari che gestiscono una articolazione fondamentale per il nostro equilibrio in movimento.

 

 

Praticare sport con una protesi d’anca

Da una pubblicazione dell’ IJSPT del 2014

Con “l’invecchiamento” della generazione “baby boom” che si somma a quanti di questi erano atleti e desiderano tornare a praticare sport con continuità, l’attenzione di come l’attività sportiva sia compatibile con i pazienti sottoposti ad intervento di protesi totale d’anca (PTA) sta diventando sempre più importante. Lo scopo di questo articolo è quello di sottolineare le raccomandazioni e i rischi per coloro che ritornano allo sport dopo un intervento nonché discutere le implicazioni del cambiamento demografico e i protocolli di riabilitazione.

Anche se i rischi reali associati a praticare sport dopo una PTA sono ancora allo studio, occorre tenere presente che una intensa attività fisica può aumentare il rischio di fratture e lussazioni. La tribologia delle componenti in attrito rappresenta un altro punto focale tanto più su pazienti che richiedono alle protesi delle prestazioni sempre più elevate. Polietileni, ceramiche e metalli hanno caratteristiche e prestazioni diverse. Recenti alternative come l’accoppiamento metallo-metallo hanno destato preoccupazioni per il rilascio di ioni metallici. I nuovi polietileni di terza generazione stanno dando ottimi risultati sia in termini di durata che in termini di percezione per il paziente.

Il medico a colloquio con un atleta che considera di tornare a fare sport dopo una PTA, deve prendere in considerazione il suo livello di attività, l’attuale forma fisica, la qualità dell’osso e di conseguenza valutare l’approccio chirurgico e il tipo di protesi.

Protesidanca.net | La Protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore spiegata ai pazienti

Il Dr Cammarano a sinistra e il Dr De Peppo

Da quando è iniziata la nostra avventura nel lontano 2003 con il primo intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore a Roma e in Italia , abbiamo sempre desiderato creare un sito web rivolto ai pazienti che potesse rispondere adeguatamente a molte delle domande che quotidianamente ci sentiamo rivolgere.

Nel 2015 nasce quindi protesidanca.net un blog esclusivamente rivolto alla gente e non ai professionisti. Un portale di comunicazione ricco di contenuti comprensibili a tutti e testimonianze video dei pazienti grazie alle quali migliaia di persone hanno potuto comprendere al meglio ogni aspetto di questa esperienza.

Oggi protesidanca.net conta più di 50.000 visite all’anno, un vero record per un sito che tratta un argomento così specifico. Siamo orgogliosi di aver raggiunto questo risultato che contribuisce ogni giorno ad aggiornare un pubblico sempre più giovane ed esigente su tutte le più avanzate soluzioni atte a risolvere la malattia artrosica dell’anca.

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