In questa semplice animazione viene mostrata la via anteriore all’anca e la conseguente protesizzazione del femore e dell’acetabolo. Di facile comprensione, ci permette di osservare l’articolartià dell’anca in relazione all’accesso chirurgico anteriore.
Video messo a disposizione da nucleushealth.com, una società di professionisti che si occupano di realizzare video descrittivi di varie discipline chirurgiche.
E’ tempo di tornare in movimento e fare le cose che amiamo fare. Facciamo il primo passo verso la comprensione delle soluzioni.
Ritornare allo sport dopo una protesi d’anca
Le cause del dolore all’anca
Le articolazioni sono coinvolte in quasi tutte le attività che facciamo. Movimenti come camminare, piegarsi e girare richiedono l’uso di dell’anca e del ginocchio. Quando l’anca ha un problema, il dolore che ne consegue può gravemente limitare la capacità di muoversi e lavorare.
Artrosi
La radiografia di un bacino che evidenzia segni di artrosi alle anche
L’artrosi degenerativa consiste nell’usura che coinvolge prima la cartilagine e successivamente le ossa dell’articolazione. Questo processo una volta giunto al suo stadio terminale rende il movimento, ma anche il solo stare seduti o al letto, molto doloroso costringendo l’osso della testa femorale ad articolarsi direttamente contro l’osso dell’acetabolo.
Artrite reumatoide
E’ una malattia autoimmune nella quale il sistema immunitario scatena le proprie difese contro il proprio organismo di appartenenza, mettendo in atto una sorta di “autoagressione“. La risposta immunitaria dell’organismo influisce negativamente sul rivestimento delle articolazioni, causando infiammazione cronica e dolore. La membrana sinoviale(riveste tendini, capsule articolari e ossa) si ispessisce e si infiamma. La conseguenza è una produzione eccessiva di liquido sinoviale prodotta all’interno dell’articolazione che causa un’infiammazione cronica che danneggia la cartilagine. Questo si traduce in perdita di cartilagine, dolori e rigidità.
Necrosi avascolare
Si verifica quando l’osso è privato del suo normale apporto di sangue. Senza una corretta nutrizione sanguigna la struttura del tessuto osseo si indebolisce, può collassare e danneggiare il cartilagine. Ciò è particolarmente frequente nell’anca e più comunemente riguarda la testa di femorale già di base poco nutrita da vasi sanguigni.
Quali sono i vantaggi offerti dall’accesso mininvasivo anteriore all’anca?
Un più rapido recupero post operatorio poiché permette al chirurgo di lavorare tra i muscoli e i tessuti senza staccarli o tagliarli mantenendoli integri.
Minore dolore muscolare = immediata ripresa della funzionalità dell’articolazione
Aiuta a prevenire il rischio di lussazioniprotesiche mantenendo la nuova articolazione in sede proprio grazie alla conservazione integrale delle strutture muscolari.
Dopo ogni intervento chirurgico si apre una nuova fase per il paziente, quella che dal suo punto di vista diventa la più importante: la guarigione. Ogni sforzo da parte del chirurgo è finalizzato al successo di questa ultima fase che rappresenta l’obbiettivo d’eccellenza che egli si prefigge prima di ogni atto chirurgico.
Cosa è necessario sapere prima di sottoporsi ad un intervento di artroprotesi d’anca mininvasiva? Quando e dove prepararsi ad un percorso guida in modo da farsi trovare pronti il giorno dell’intervento? E’ stato dimostrato da studi clinici che i pazienti consapevoli e ben informati del loro percorso pre e post-operatorio, guariscono prima e meglio. E ciò, non meno importante, migliora il flusso dei pazienti in cura aumentando l’efficienza del reparto a beneficio dei cittadini.
Tutto questo ha un nome: Fast Track
Il Fast Track è un nuovo approccio al paziente e alla cura il cui obbiettivo primario è limitareal minimo il ricovero in ospedale, ottenendo come risultato un ritorno rapido alla vita normale. Già attivo da tempo in Nord Europa, il Fast Track rivede in generale tutto il percorso pre e post-operatorio del paziente coinvolgendo tutte le figure professionali che ruotano attorno all’intervento, dal medico di base al fisioterapista passando per chirurgo e l’anestesista.
A garantire il successo di questo nuovo protocollo sono sono l’alta specializzazione delle professionalità e dei centri d’eccellenza che lo adottano.
Recentemente si è affacciata al mercato la terza generazione dello stelo femorale anatomico più famoso al mondo: lo stelo protesico femorale ABG.
Nato in Francia negli anni ’80 si affermò presto come protesi antitetica al concetto di stelo retto prodotto largamente dall’industria del settore. Il suo disegno ricopia esattamente il canale midollare del femore umano usando come appoggio principalmente la parte superiore del femore e non invadendo il canale nella parte che pian piano si restringe, causa quest’ultima, di frequenti lamentele dei pazienti circa il dolore di coscia. Una volta infatti gli steli protesici erano molto più lunghi di quelli di oggi e spesso la parte terminale di essi finiva col puntare eccessivamente l’osso in questa stretta zona. Con il tempo e grazie alla sollecitazione dei carichi il conflitto causava spesso dolore.
Con l’avvento di questi steli anatomici di nuova generazione il rischio fu ridotto fino quasi a scomparire. Siamo ormai all’inizio gli anni ’90 e l’impiego degli steli anatomici comincia a diffondersi rapidamente fino a diventare la vera alternativa ai tradizionali steli retti. Con l’inizio del nuovo millennio si passò alla seconda generazione, ovvero alla sua evoluzione. La Stryker lanciò sul mercato lo stelo protesico femorale ABG II. Era più sottile, aveva un incremento di taglie più graduale e soprattutto l’angolo di inclinazione del collo era cambiato da 135° a 130°. Anche questa volta fu un successo, se vogliamo, ancora più grande di quello precedente. Rappresenta oggi il parametro cui si riferisce qualsiasi azienda voglia produrre uno stelo anatomico.
Dallo scorso gennaio la storia continua, è stata infatti lanciata sul mercato la terza generazione: lo stelo protesico femorale ANATO. Come è facile notare questa volta oltre agli aggiornamenti biomeccanici si è aggiunto anche un re-styling del brand che è cambiato in ANATO, contrazione del termine anatomico al quale tutto la storia di questo prodotto si riferisce.
Ancora più sottile nella sua parte distale, rivestito nella sua parte prossimale con un materiale più ruvido, ma soprattutto disponibile con due diverse inclinazioni del collo: neutro e antiverso. Infatti le due versioni precedenti erano caratterizzate dall’avere un collo protesico spostato in avanti (antiverso) rispettando la naturale inclinazione del collo femorale umano.
Questa nuova caratteristica si adatta ulteriormente a quei pazienti che non hanno delle situazioni anatomiche comuni, ovvero difformi dagli standard sheletrici cui riferisce il design della ABG e della ABG II. Una qualità in più che farà apprezzare questo storico prodotto ancora di più e che valorizzerà ulteriormente l’accesso mini invasivo anteriore, pratica chirurgica che si adatta perfettamente all’uso di questo tipo di steli.
Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo durante un intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore
L’uso dei caschi durante l’esecuzione di interventi di artroprotesi sta diventando sempre più importante e diffuso. Questo tipo di dispositivi soltanto pochi anni fà non veniva preso nella giusta considerazione nonostante il rischio di infezioni sia da sempre il principale pericolo per il paziente in sala operatoria.
Ma come funzionano? Prima dell’esecuzione di un intervento il chirurgo indossa un casco simile a quello di un ciclista ma con un ventilatore elettrico montato sulla cima. La ventilazione è necessaria poiché sopra il casco l’infermiere di sala poserà una copertura sterile contenente la visiera protettiva. Da questo momento la ventilazione sarà necessaria al corretta respirazione dell’operatore.
Ecco come appare il casco prima di essere coperto dal cappuccio sterile monouso
L’uso di questi dispositivi non comporta grandi investimenti da parte della struttura sanitaria pubblica o privata ma il loro impiego abbassa enormemente il rischio infettivo durante interventi complessi come quelli di artroprotesi. Questo dispositivo, unito alle ultime tecniche chirurgiche mini invasive, alza sicuramente il livello di offerta sanitaria della struttura che ne adotta l’uso.
Adottiamo l’uso dei caschi protettivifin dall’inizio della nostra avventura con la chirurgia mininvasiva anteriore dell’anca, cioè dal 2003 . In tutti questi anni abbiamo tenuto sempre sotto controllo ogni rischio grazie all’aggiornamento progressivo di tutti gli strumenti che ce lo hanno consentito e continueremo a farlo sempre nel futuro.