L’atto chirurgico in sé non è che la “punta dell’iceberg” di un progetto che comincia ben prima del giorno dell’intervento. Quando il paziente è difronte alla prospettiva di affrontare un intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore, intraprende un percorso che step dopo step costituisce il planning pre-operatorio, ovvero il progetto dell’intervento vero e proprio.
Dopo gli esami clinici di rito al paziente vengono prescritti particolari proiezioni radiografiche dell’area da trattare, sulla quale vengono eseguite tutte le necessarie misurazioni per valutare dimensioni e orientamenti della protesi. Tutti i dati raccolti in questa fase vengono messi in relazione con lo status scheletrico del paziente valutato clinicamente. In questa fase si rilevano per esempio eventuali dismetrie (asimmetrie nella lunghezza degli arti) ed altri parametri biometrici da tenere in considerazione in fase chirurgica.
Spesso ci chiedono quanto costi affrontare l’intervento di protesi d’anca mini invasiva anteriore in cinica privata. Negli ultimi anni la maggiore diffusione di polizze sanitarie ha consentito di compensare la sempre maggiore richiesta di interventi di protesi d’anca a carico del servizio sanitario nazionale.
Ciò ha concesso ad una porzione maggiore di pazienti la possibilità di scegliere la clinica privata come partner per operarsi di protesi d’anca mini invasiva anteriore con la nostra équipe.
In una realtà ricca di novità su materiali, procedure chirurgiche mininvasivee percorsi fast-track, le strutture private come quelle pubbliche offrono ai pazienti assicurati e nonle migliori e più aggiornate tecnologie.
Siamo a disposizione per fornire ulteriori e più dettagliate informazioni circa modalità e procedure. .
Spesso i pazienti chiedono quale sia la terapia di riabilitazione post-operatoria relativa all’accesso anteriore mininvasivo e successivamente quali possano essere le attivà sportive compatibili o più semplicemente entro quali limiti si possa praticare del movimento.
Dopo un intervento all’anca effettuato con accesso mininvasivo anteriore, grazie all’assenza del dolore che caratterizzava l’artrosi e ad una ritrovata articolarità i pazienti tornano gradualmente al movimento semplicemente la ricominciando a camminare, a muoversi liberamente come un tempo.
Approccio anteriore all’anca
Le caratteristiche peculiari dell’accesso mininvasivo anteriore, ovvero passare il tra i muscoli senza inciderli o staccarli, facilitano la ripresa del movimento poiché l’assenza di danno muscolare consente a tutti i muscoli dell’anca di partecipare attivamente alla ripresa del movimento senza ostacolarne il processo grazie all’assenza di dolore.
Non sarà necessario limitare alcuni movimenti per evitare il rischio di lussazioni poiché grazie alla integrità di tutti i muscoli coinvolti nei movimenti dell’anca questo pericolo non esiste.
Inoltre la natura stessa dell’accesso, situato sul latoanteriore, previene questa evenienza poiché neimovimenti di flessione, ovvero quando ci si accuccia o ci si siede, l’escursione di movimento dell’anca volge verso i glutei, zona assolutamente non interessata dall’intervento.
Il passaggio anatomico inter-muscolare caratteristico della mininvasiva anteriore consente di lavorare sull’anca senza effettuare alcun distacco o incisione e ciò permette al paziente di poter contare sull’integrità dei motori muscolari, questo a vantaggio di tutti i movimenti e di attività sportive eventualmente praticate.
LA PROTESI D’ANCA MININVASIVA ANTERIORE A ROMA DAL 2003
Migliaia sono le persone che dal 2003 si sono sottoposte ad un intervento di protesi d’anca con accesso mininvasivo anteriore affidandosi alla nostra èquipe. Abbiamo pensato di raccogliere qui alcune loro testimonianze in modo da soddisfare coloro che hanno il piacere di ascoltare dalla loro viva voce le impressioni “a caldo”. La testimonianza di un paziente vale più di 1000 parole.
Alessandra
Antonio
Pietro | Anestesista
Cinzia | Allenarsi nella corsa a 1 anno dall’intervento
Cinzia corre la Race for the Cure a 11 mesi dall’intervento!
Dr Cammarano e Dr De Peppo – La Protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore a Roma dal 2003
L’osteonecrosi dell’anca e una patologia che si verifica quando viene interrotto l’afflusso di sangue alla testa del femore.
Poiché le cellule ossee hanno bisogno di un costante apporto di sangue per rimanere in salute, l’osteonecrosi può portare alla distruzione dell’articolazione dell’anca e d’una grave artrite.
A sinistra una testa sana. A destra una testa affetta da osteonecrosi.
L’osteonecrosi è anche chiamata necrosi avascolare o necrosi asettica. Sebbene possa verificarsi in qualsiasi altro osso, l’osteonecrosi colpisce più spesso l’anca ed esattamente la testa femorale.
L’anca è un giunto sferico. L’incavo è formato dall’acetabolo, che fa parte del bacino. La sfera è la testa del femore, che è l’estremità superiore del femore.
La superficie della sfera e dell’acetabolo sono rivestiti di cartilagine articolare, una sostanza liscia e scivolosa che protegge le ossa e consente loro di scivolare facilmente l’una sull’altra.
Risonanza magnetica che evidenzia la osteonecrosi della testa.
Causa
Nell’osteonecrosi, l’osso nella testa del femore muore lentamente. L’osteonecrosi dell’anca si sviluppa quando viene interrotto l’afflusso di sangue alla testa del femore.
Senza un adeguato nutrimento, l’osso nella testa del femore muore e gradualmente collassa. Di conseguenza, anche la cartilagine articolare che copre le ossa dell’anca collassa, portando a un’artrite disabilitante.
L’osteonecrosi può colpire chiunque, ma è più comune nelle persone di età compresa tra 40 e 65 anni. Gli uomini sviluppano l’osteonecrosi dell’anca più spesso delle donne.
Fattori di rischio
Non è sempre noto ciò che provoca la mancanza di afflusso di sangue, ma i medici hanno identificato una serie di fattori di rischio come lesioni, lussazioni, fratture e altre lesioni all’anca possono danneggiare i vasi sanguigni e compromettere la circolazione alla testa del femore.
Il consumo eccessivo di alcol nel tempo può causare la formazione di depositi di grasso nei vasi sanguigni e può aumentare i livelli di cortisone, con conseguente riduzione del flusso sanguigno all’osso.
Medicinali corticosteroidi. Molte malattie, tra cui l’asma, l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico, sono trattate con farmaci steroidi.
Sebbene non sia noto esattamente perché questi farmaci possano portare all’osteonecrosi, la ricerca mostra che esiste una correlazione tra la malattia e l’uso a lungo termine di corticosteroidi.
L’osteonecrosi si sviluppa in più fasi. Il dolore all’anca è in genere il primo sintomo. Dolore sordo o più intenso nella zona inguinale o del gluteo. Man mano che la malattia progredisce, diventa sempre più difficile stare in piedi e muovere l’articolazione.
Potrebbero essere necessari dadiversi mesi a oltre un anno affinché la malattia progredisca. È importante diagnosticare precocemente l’osteonecrosi.
Gli studi di imaging aiuteranno il medico a confermare la diagnosi come radiografie, Tac e risonanza magnetica.
Trattamento
Nella fase iniziale della malattia, il medico segue assiduamente il suo sviluppo e si limita a trattamenti di tipo conservativo. Se nel corso dei mesi la situazione dovesse precipitare in una grave forma di artrite ed al parziale collasso delle strutture ossee e cartilaginee della testa del femore allora la prospettiva di una sostituzione protesica dell’anca si renderà senz’altro necessaria.
Una serie di teste del femore appena rimosse dal paziente. Si notano gli evidenti segni di usura dell’osso dovuti all’assenza di cartilagine degeneratasi in conseguenza all’artrosi
Sono più di 4 milioni gli italiani che soffrono di artrosi, vale a dire il 12% della popolazione. Si tratta di una malattia cronica, caratterizzata da una progressiva degenerazione di tutta l’articolazione che ne è interessata.
L’artrosi non fa distinzioni: può interessare in egual misura sia uomini che donne, giovani e meno giovani. Nella comparsa dell’artrosi, in particolare agli arti inferiori, gioca un ruolo chiave l’obesità. Perché crea un sovraccarico, soprattutto sulle articolazioni di anca, ginocchio, piede.
Chi ha l’artrosi ha maggiore difficoltà nella mobilità, e anche per questo fa meno attività fisica. Così si innesca un circolo vizioso, dannoso per il benessere in generale.
L’artrosi inizia sempre con sintomi lievi, e, se trascurati, portano gradualmente alla deformazione e poi alla degenerazione della cartilagine, delle ossa, dei tendini e dei muscoli interessati.
Basterebbe trattarla tempestivamente, quando si presentano le prime avvisaglie, adottando innanzitutto uno stile di vita diverso da quello condotto fino a quel momento.
Non esiste a tutt’oggi un rimedio per poter rigenerare la cartilagine ma d’altronde basta osservare come appare all’occhio nudo una testa del femore artrosica per rendersene conto.
Il consumoprogressivo della cartilagine del cotile e della testa provoca l’esposizione del tessuto osseo da ambo i lati dell’articolazione dell’anca, la conseguenza è lil reciproco sfregamento osseo delle superfici con annesso dolore e limitazione articolare.
Evidenziata dal cerchio si nota la zona dove la cartilagine è scomparsa. L’osso appare alla vista levigato dal prolungato sfregamentodiretto con l’osso anch’esso scoperto della cartilagine acetabolare. In queste condizioni non è più possibile alcun trattamento se non la sostituzione protesica dell’anca.
La prevenzione è sempre l’arma migliore anche perché si può limitare l’uso, che spesso diventa abuso, di antinfiammatori e antidolorifici che possono avere effetti collaterali nel lungo periodo sullo stomaco e sui reni.
È importante infine che i muscoli lavorino, perché sono essenziali nel coadiuvare la funzione dell’articolazione nel movimento. Se i muscoli non sono allenati, si lascia al solo scheletro il compito di muoverci e questo ha un costo sulle articolazioni.
E’ evidente quindi che successivamente ad un eventuale intervento di sostituzione protesica dell’anca sia fondamentale la preservazione di tutto l’apparato muscolare dell’articolazione. Ciò è oggi possibile grazie all’accesso anteriore mininvasivo all’anca.
Con questo tipo di chirurgia, si passa attraverso i muscoli senza inciderli o staccarli con la conseguenza di accelerare enormemente il recupero post operatorio e risparmiare oltre al dolore anche eccessive perdite ematiche.
Maria Teresa parla delsuo intervento e trasmette emozioni. Un racconto coinvolgente che solo chi ha avuto un’esistenza difficile, passata attraverso il dolore di una guerra civile e la fuga dalla propria terra, sa trasmettere.
Per i pazienti di lingua francese, Maria Teresa ci ha concesso di ripetere il suo racconto nella sua lingua madre.
Sergio, dirigente della pubblica amministrazione e sportivo non agonista. A causa di una grave artrosi all’anca sinistra con necrosi della testa femorale evidenziatasi solo 12 mesi prima di questa intervista, ha visto ridursi drasticamente la prospettiva di tornare al piacere di muoversi liberamente.
Eccolo a due mesi dal primo intervento di protesi d’anca mini invasiva, raccontarci le sue impressioni e cosa si prova a riassaporare il piacere di tornare a muoversi liberamente.
Sergio a due mesi dal primo intervento
Di seguito l’intervista di Sergio a 2 mesi dal secondo intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore:
Sergio, 60 anni, corre a 2 mesi dalla seconda protesi d’ancaIl Dr Cammarano a sinistra, e il Dr De Peppo
E’ possibile tornare a correre e fare sport dopo la protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore? Chiedetelo a Cinzia. In questo video ci aggiorna sui suoi allenamenti a 6 mesi dal secondo intervento di febbraio 2023. Si allena con target distanza a 8,5 km per poi riprendere le gare a fine 2023.
Sentirsi in forma è una condizione fondamentale sia prima che dopo l’intervento. Ridurre il peso in eccesso in vista di un intervento di protesi d’anca mininvasiva contribuisce enormemente ad una ripresa ancora più rapida rendendo questa esperienza ancora più gratificante.
Vent’anni fà nel lontano 2003, il Dr. Cammarano e la sua equipe eseguendo la prima Protesi d’Anca con Accesso Mininvasivo Anteriore in Italia, diedero inizio ad una grande avventura. Nel 2016 è nato protesidanca.net con l’intento di rispondere ad una sempre crescente domanda di questa straordinaria e innovativachirurgia.
Oggi, a distanza di 20 anni dal primo intervento, più di 50.000 persone ogni anno visitano il sito e prendono informazioni. Un successo tanto inaspettato quanto gratificante che premia chi sin dalle origini ha creduto che le nuove frontiere della protesica dell’anca dovessero innanzi tutto aiutare a ridurre al minimo i danni ai tessuti molli.
Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo – Ars Medica
Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo – Ars Medica
La Protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore dal 2003
Per il Dr. Germano Cammarano ed il Dr. Marco De Peppo, la protesi d’anca con accesso mininvasivo anteriore è una realtà suffragata da migliaia di pazienti operati con successo.
Primiutilizzatori in Italia
Primo Centro d’Eccellenza in Italia
Prima equipe in Italia per numero di pazienti operati
L’equipe del Dr. Cammarano e del Dr. De Peppo è oggi custode di una ragguardevole esperienza maturata in quasi vent’anni di casistica che premia chi sin dalle origini ha creduto che le nuove frontiere della protesica dell’anca dovessero innanzi tutto aiutare aridurre al minimo i danni ai tessuti molli.