Il paziente obeso può sottoporsi alla protesi d’anca mininvasiva anteriore?

dieta-obesitaL’obesità è uno dei più gravi problemi di salute pubblica nel 21° secolo e il peso corporeo sta diventando un fattore importante nelle procedure ortopediche, in particolare negli interventi di artroprotesi d’anca.

Pur tenendo presente il maggiore rischio di revisione cui questo tipo di pazienti incorre rispetto ai quelli con indice di massa corporea normale, anche pazienti obesi possono beneficiare dei risultati di un intervento di artroplastica purché sia un loro obiettivo quello di riportare il loro BMI (Body Mass Index) a livelli normali.

Inoltre è fondamentale rispondere a tutti i pazienti che ci chiedono se la loro obesità sia un fattore discriminate per l’accesso mini invasivo anteriore all’anca. Bene, non esiste alcuna controindicazione chirurgica a tale condizione poichè la mininvasiva anteriore utilizza un passaggio anatomico che solitamente non presenta un forte spessore adiposo superficiale rispetto alla massa grassa complessiva del paziente.

La regione in cui si pratica l’incisione si trova al confine tra basso ventre e l’inizio della coscia, tale area non presenta tipicamente grandi spessori adiposi consentendo perciò un passaggio agevole della strumentazione e dell’impianto. L’unico aspetto che sottolineiamo essere importante è l’obiettivo generale di riportare il peso a valori più prossimi alla normalità.

Questo consentirà al paziente un più rapido recupero post operatorio ed un più appagante ritorno ad una vita piena e soddisfacente.


La protesi d’anca mininvasiva a ROMA dal 2003

“Passare tra i muscoli senza inciderli o staccarli”

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Alimentazione | I possibili benefici della dieta a Zona nei pazienti con protesi d’anca

Cinzia | Allenarsi nella corsa a 1 anno dall’intervento

Abbiamo il piacere di pubblicare un articolo della nostra paziente Cinzia circa la funzione dei radicali liberi prodotti durante l’alimentazione in rapporto alla durata dei polietileni in uso nelle protesi d’anca.

“Un’idea che mi è venuta nell’apprendere, da Manuel Galvez (editor del sito – ndr), che il polietilene per protesi va incontro a usura in seguito alla produzione di radicali liberi (prodotti dalle radiazioni cui veniva sottoposto per essere sterilizzato), i quali, reagendo con altre molecole riducono il peso molecolare del polimero. Negli ultimi anni si sono fatti grandi passi in avanti con le nuove tecnologie di sterilizzazione per ridurre la formazione di tali molecole altamente instabili e ho pensato che l’alimentazione potrebbe incidere negativamente sulla longevità del polietilene poiché ogni volta che ci alimentiamo il nostro organismo produce radicali liberi.

Cortile con inserto in polietilene

La produzione di radicali liberi è tanto più elevata quanto più ipercalorica è la dieta. In altre parole, più mangiamo più introduciamo calorie e più produciamo radicali liberi. Anche se non ingrassiamo. Un regime alimentare che riduce la produzione di radicali liberi è, per quanto concernono le mie conoscenze fino ad oggi, la dieta Zona del dott. Barry Sears. La Zona è una dieta in grado di fornire livelli adeguati di macro e micronutrienti col più basso apporto calorico e quindi con la più bassa produzione di radicali liberi.

E, al contempo, è ricca di antiossidanti che, tra l’altro, vengono impiegati nell’industria delle materie plastiche, tra cui il polietilene, proprio per evitare il loro invecchiamento. In conclusione, il polietilene potrebbe beneficiare di un’alimentazione a bassa produzione di radicali liberi e elevata attività antiossidante come lo è l’organismo che è costituito da materia organica”.

Cinzia T.


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