La protesi anatomica più famosa al mondo

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Recentemente si è affacciata al mercato la terza generazione dello stelo femorale anatomico più famoso al mondo: lo stelo protesico femorale ABG.

Nato in Francia negli anni ’80 si affermò presto come protesi antitetica al concetto di stelo retto prodotto largamente dall’industria del settore. Il suo disegno ricopia esattamente il canale midollare del femore umano usando come appoggio principalmente la parte superiore del femore e non invadendo il canale nella parte che pian piano si restringe, causa quest’ultima, di frequenti lamentele dei pazienti circa il dolore di coscia. Una volta infatti gli steli protesici erano molto più lunghi di quelli di oggi e spesso la parte terminale di essi finiva col puntare eccessivamente l’osso in questa stretta zona. Con il tempo e grazie alla sollecitazione dei carichi il conflitto causava spesso dolore.

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Con l’avvento di questi steli anatomici di nuova generazione il rischio fu ridotto fino quasi a scomparire. Siamo ormai all’inizio gli anni ’90 e l’impiego degli steli anatomici comincia a diffondersi rapidamente fino a diventare la vera alternativa ai tradizionali steli retti. Con l’inizio del nuovo millennio si passò alla seconda generazione, ovvero alla sua evoluzione. La Stryker lanciò sul mercato lo stelo protesico femorale ABG II. Era più sottile, aveva un incremento di taglie più graduale e soprattutto l’angolo di inclinazione del collo era cambiato da 135° a 130°. Anche questa volta fu un successo, se vogliamo, ancora più grande di quello precedente. Rappresenta oggi il parametro cui si riferisce qualsiasi azienda voglia produrre uno stelo anatomico.Schermata 2016-03-28 alle 12.42.13

Dallo scorso gennaio la storia continua, è stata infatti lanciata sul mercato la terza generazione: lo stelo protesico femorale ANATO. Come è facile notare questa volta oltre agli aggiornamenti biomeccanici si è aggiunto anche un re-styling del brand che è cambiato in ANATO, contrazione del termine anatomico al quale tutto la storia di questo prodotto si riferisce.Schermata 2016-03-28 alle 13.35.41

Ancora più sottile nella sua parte distale, rivestito nella sua parte prossimale con un materiale più ruvido, ma soprattutto disponibile con due diverse inclinazioni del collo: neutro e antiverso. Infatti le due versioni precedenti erano caratterizzate dall’avere un collo protesico spostato in avanti (antiverso) rispettando la naturale inclinazione del collo femorale umano.

Questa nuova caratteristica si adatta ulteriormente a quei pazienti che non hanno delle situazioni anatomiche comuni, ovvero difformi dagli standard sheletrici cui riferisce il design della ABG e della ABG II. Una qualità in più che farà apprezzare questo storico prodotto ancora di più e che valorizzerà ulteriormente l’accesso mini invasivo anteriore, pratica chirurgica che si adatta perfettamente all’uso di questo tipo di steli.

Protesidanca.net | Dr De Peppo & Dr Cammarano | L’uso dei caschi negli interventi di artroprotesi

Dr Cammarano Dr De Peppo | Protesidanca.net | L'accesso Mininvasivo Anteriore a Roma dal 2003 | Ars Medica Roma
Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo durante un intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore

L’uso dei caschi durante l’esecuzione di interventi di artroprotesi sta diventando sempre più importante e diffuso. Questo tipo di dispositivi soltanto pochi anni fà non veniva preso nella giusta considerazione nonostante il rischio di infezioni sia da sempre il principale pericolo per il paziente in sala operatoria.

Ma come funzionano? Prima dell’esecuzione di un intervento il chirurgo indossa un casco simile a quello di un ciclista ma con un ventilatore elettrico montato sulla cima. La ventilazione è necessaria poiché sopra il casco l’infermiere di sala poserà una copertura sterile contenente la visiera protettiva. Da questo momento la ventilazione sarà necessaria al corretta respirazione dell’operatore.

caschi negli interventi di artroprotesi
Ecco come appare il casco prima di essere coperto dal cappuccio sterile monouso

L’uso di questi dispositivi non comporta grandi investimenti da parte della struttura sanitaria pubblica o privata ma il loro impiego abbassa enormemente il rischio infettivo durante interventi complessi come quelli di artroprotesi. Questo dispositivo, unito alle ultime tecniche chirurgiche mini invasive, alza sicuramente il livello di offerta sanitaria della struttura che ne adotta l’uso.

Adottiamo l’uso dei caschi protettivi fin dall’inizio della nostra avventura con la chirurgia mininvasiva anteriore dell’anca, cioè dal 2003 . In tutti questi anni abbiamo tenuto sempre sotto controllo ogni rischio grazie all’aggiornamento progressivo di tutti gli strumenti che ce lo hanno consentito e continueremo a farlo sempre nel futuro.


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Il Dr Cammarano, a sinistra, e il Dr De Peppo
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