Protesidanca.net | Dr Cammarano & Dr De Peppo | La necrosi della testa femorale

La necrosi della testa femorale
Nella testa femorale a destra si notano zone scure di rarefazione ossea

L’osteonecrosi della testa del femore si manifesta quando viene meno il giusto approvvigionamento di sangue alla testa del femore. Il risultato è la morte delle cellule ossee della testa e il conseguente crollo strutturale. L’osteonecrosi è anche chiamata necrosi avascolare o necrosi asettica.

Fu il medico scozzese Alexander Munro ad identificarla per primo nella prima metà dell’800. Il Prof. Cruveilhier fu il primo ad attribuire il disturbo ad un’aberrazione della circolazione sanguigna nella testa del femore. Da allora la diagnosi di questo disturbo è via via cresciuta grazie all’evoluzione tecnologica tecnologia e ad una maggiore consapevolezza.

Prof. Alexander Munro La necrosi della testa femorale
Prof. Alexander Munro

L’osteonecrosi è ormai una malattia comunemente riconosciuta con una significativa morbilità (frequenza percentuale di una malattia in una collettività). La fase finale del processo è la grave distruzione della testa femorale con la degenerazione risultante dell’articolazione dell’anca. In molti pazienti, anche l’identificazione precoce non altera il risultato. Purtroppo, i pazienti che sono affetti da osteonecrosi sono giovani, di solito dal terzo al sesto decade di vita.

La necrosi della testa femorale
Nella testa femorale a destra zone chiare che indicano sclerotizzazione dell’osso

L’osteonecrosi può essere di origine traumatica o atraumatica. La forma traumatica ha un evento causale originante e viene isolata al particolare frammento osseo coinvolto. La forma atraumatica ha più eziologie e può coinvolgere più ossa. La forma traumatica di osteonecrosi si verifica nel 10% delle fratture del collo del femore composte, il 15-30% delle fratture del collo del femore scomposte e il 10% delle lussazioni dell’anca.

L’assunzione di corticosteroidi (cortisone) contribuisce alla forma atraumatica di osteonecrosi nel 5-25% dei pazienti. Il rapporto maschio-femmina è di circa 4:1. Almeno il 50% dei pazienti con osteonecrosi atraumatica dell’anca sono predisposti a quella bilaterale. Altre ossa possono essere coinvolte nella forma atraumatica, compresa la spalla, il ginocchio e l’astragalo.

La soluzione quando l’articolazione dell’anca è ormai compromessa è la artroprotesi d’anca. Terapie conservative non hanno gli esiti sperati nella quasi totalità dei casi lasciando al paziente la sola opzione protesica. Tecniche mininvasive applicate alla sostituzione totale dell’anca sono oggi un forte contributo ad una veloce ripresa funzionale soprattutto per il paziente giovane ed affetto da questa patologia.

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Approccio anteriore all’anca

Dal 2003 a Roma l’equipe del Dr Cammarano e del Dr De Peppo sono stati i primi a Roma e in Italia a dedicarsi alla protesi d’anca con accesso mininvasivo anteriore contribuendo fortemente al successo di questo intervento oggi sempre più richiesto da giovani pazienti ad alta richiesta funzionale.

Quali sono i vantaggi dell’accesso mininvasivo anteriore?

  • Un più rapido recupero post operatorio poiché permette al chirurgo di lavorare tra i muscoli e i tessuti senza staccarli o tagliarli mantenendoli integri.
  • Minore dolore muscolare = immediata ripresa della funzionalità dell’articolazione
  • Aiuta a prevenire il rischio di lussazioni protesiche mantenendo la nuova articolazione in sede proprio grazie alla conservazione integrale delle strutture muscolari. 
  • Rende minore la perdita ematica intra-operatoria.
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Il Dr Cammarano a sinistra, e il Dr De Peppo
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“PASSARE TRA I MUSCOLI SENZA INCIDERLI O STACCARLI”


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Approccio anteriore all’anca

Quali “tipi” o “modelli” di protesi d’anca esistono?

L’intervento di sostituzione dell’anca (artroprotesi d’anca) è stato definito come una delle più significative innovazioni della medicina degli ultimi 40 anni. Ha aiutato milioni di persone a superare l’artrosi dolorosa, recuperare velocemente da traumi dell’anca e migliorare la qualità della vita.

Nuovi materialinuovi approcci chirurgici mini invasivi e protocolli di riabilitazione più efficaci offrono ai pazienti un futuro più attivo ed un ritorno rapido alla vita quotidiana.

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Approccio anteriore all’anca

L’intervento di protesi d’anca non deve pregiudicare la pratica di attività sportive, al contrario, tornare in movimento deve ripristinare il corretto funzionamento dei motori muscolari da tempo meno tonici a causa del dolore.

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Artroprotesi totale dell’anca

Con la sostituzione totale dell’anca (artroprotesi totale) viene sostituita l’intera articolazione dell’anca, cioè la cavità acetabolare e la parte superiore del femore comprendente testa e collo. Questo tipo di intervento si esegue per artrosi(degenerazione della cartilagine dell’intera articolazione dell’anca) o per fratture dell’anca su pazienti giovani o comunque attivi. La protesi utilizzata è di conseguenza composta da 4 elementi: Stelo (in titanio), Testa (ceramica), Cotile (titanio), Inserto (polietilene)

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Artroprotesi totale d’anca

Nella sostituzione parziale (endoprotesi) viene sostituito con la protesi solo la parte prossimale del femore (testa e collo) lasciando intatto l’acetabolo. Questa procedura viene utilizzata solo per pazienti anziani o poco attivi con particolari patologie debilitanti dove è richiesto un intervento meno massivo.  L’impianto quindi sarà composto solo da stelo (acciaio), testa (acciaio) e una cupola (acciaio fuori e polietilene dentro) che articola su quest’ultima.

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Impianto per endoprotesi d’anca

Con queste due tipologie di impianto si copre la stragrande maggioranza degli interventi all’anca. L’unica eccezione riguarda la protesi cementata. Essa è generalmente utilizzata quasi esclusivamente sulle endoprotesi o protesi parziali (vedi sopra), consiste nel poter cementare lo stelo protesico femorale (in acciaio anziché in titanio in questo caso) direttamente nel femore. Ciò consente l’immediata stabilità dello stelo che viene bloccato dal cemento all’interno dell’osso.

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Stelo femorale da cementare

Non è quindi necessario attendere la presa ossea biologica (osteointegrazione) come avviene per gli steli in titanio tradizionali, ciò consente al paziente di deambulare immediatamente. Si usa per lo più su pazienti anziani poco attivi e con scarsa qualità dell’osso cosi da poterli rimettere in movimento rapidamente evitando complicazioni legate alla degenza.

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“Passare tra i muscoli senza inciderli o staccarli”

Da 15 anni la protesi d’anca mini invasiva anteriore a Roma

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Tornare a fare sport dopo una protesi d’anca


La protesi d’anca è una delle procedure chirurgiche ortopediche di maggior successo. Negli ultimi anni l’avvento di nuovi materiali e nuove tecniche chirurgiche come l’accesso mininvasivo anteriore all’anca, hanno alzato molto il livello di performance funzionale.

C’è maggiore tolleranza da parte dei chirurghi nel concedere ai loro pazienti di ritornare a molte attività che in precedenza non erano prese in considerazione come idonee. Questo è dovuto al miglioramento delle tecniche chirurgiche e ai nuovi biomateriali.

D’altra parte questo tipo di chirurgia ha una sempre più elevata richiesta da parte di pazienti giovani, prima meno incoraggiati a sottoporsi all’intervento. Questo anche grazie all’accesso mininvasivo anteriore all’anca che rappresenta oggi una opzione sempre più richiesta per le sue peculiarità.

Passare tra i muscoli senza inciderli o staccarli consente al paziente un rapido recupero ed un breve ricovero che grazie all’integrità dei motori muscolari culmina con una rapido ritorno alla vita quotidiana e sportiva.


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Testimonianze | La parola ai pazienti: Tornare al lavoro a 5 giorni dall’intervento

Paolo

Pianificare uno standard uguale per tutti per il recupero post operatorio è certo prevedibile, ma come spesso avviene sono i pazienti a stupirci con tempi di recupero sorprendenti, come in questo caso.

Il docente universitario protagonista del video che presentiamo oggi, ci racconta le sua esperienza dopo appena un mese dall’intervento di protesi d’anca mini invasiva e fa un confronto con un precedente intervento all’anca contro-laterale effettuato altrove con un diverso approccio chirurgico.

Tornare al lavoro a 5 giorni dall'intervento
Il Dr Cammarano a sinistra, e il Dr De Peppo
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Approccio anteriore all’anca

Protesidanca.net | Il segreto dell’accesso mini invasivo anteriore all’anca


I passaggi fondamentali dell’accesso mininvasivo anteriore all’anca riassunti in un video intuitivo e di facile comprensione. D’altra parte il segreto di questa via è nascosto nella natura stessa della sua peculiarità: il passaggio intermuscolare che consente il posizionamento di una protesi d’anca senza incidere o staccare i muscoli.

Nel lontano 2003 al CTO di Roma, il Dr. Cammarano e la sua equipe eseguendo la prima protesi d’anca con accesso mini invasivo anteriore in Italia, diedero inizio ad una grande avventura. Nel 2016 nasce protesidanca.net con l’intento di rispondere ad una sempre crescente domanda.

Oggi, a distanza di quasi 20 anni dal primo intervento, più di 50.000 persone ogni anno visitano il sito e prendono informazioni. Un successo tanto inaspettato quanto gratificante che premia chi sin dalle origini ha creduto che le nuove frontiere della protesica dell’anca dovessero innanzi tutto aiutare a ridurre al minimo i danni ai tessuti molli.

segreto dell'accesso mini invasivo anteriore
Il Dr Cammarano, a sinistra, e il Dr De Peppo
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Approccio anteriore all’anca

Protesidanca.net | La Protesi d’Anca in convenzione con le maggiori compagnie assicurative

Il Dr Cammarano ed il Dr De Peppo durante un intervento di protesi d’anca mininvasiva anteriore
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La Protesi d’Anca Mininvasiva Anteriore a Roma dal 2003

“PASSARE TRA I MUSCOLI SENZA INCIDERLI O STACCARLI”


Spesso ci chiedono quanto costi affrontare l’intervento di protesi d’anca mini invasiva anteriore in cinica privata. Negli ultimi anni la maggiore diffusione di polizze sanitarie ha consentito di compensare la sempre maggiore richiesta di interventi di protesi d’anca a carico del servizio sanitario nazionale.

Ciò ha concesso ad una porzione maggiore di pazienti la possibilità di scegliere la clinica privata come partner per operarsi di protesi d’anca mini invasiva anteriore con la nostra équipe.

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La Clinica Ars Medica (Roma zona Corso Francia)

Da molti anni il nostro riferimento è la Clinica Ars Medica (06 362081). Convenzionata con i maggiori gruppi assicurativi, garantisce i più alti standard di qualità del settore.

In una realtà ricca di novità su materiali, procedure chirurgiche mininvasive e percorsi fast-track, le strutture private come quelle pubbliche offrono ai pazienti assicurati e non le migliori e più aggiornate tecnologie.

Siamo a disposizione per fornire ulteriori e più dettagliate informazioni circa modalità e procedure. .

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Il Dr Cammarano, a sinistra, e il Dr De Peppo
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Protesidanca.net | La Protesi d’Anca con Accesso Mininvasivo Anteriore a Roma dal 2003

 Perché scegliere l’accesso mininvasivo anteriore?

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Perche è una via anatomica che sfrutta l’interstizio tra i muscoli sartorio e retto femorale (medialmente) ed il tensore della fascia lata (lateralmente) per accedere all’anca, senza inciderli o staccarli. 

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Passare tra i muscoli senza inciderli o staccarli

Ogni altro accesso chirurgico all’anca, laterale (freccia azzurra) o postero-laterale (freccia verde) necessita l’incisione o il distacco delle inserzioni muscolari. Un passaggio anatomico inter-muscolare consente invece a chi pratica la mininvasiva anteriore di lavorare sull’anca senza effettuare alcun distacco o incisione. Tutto questo grazie anche all’impiego di nuovi impianti protesici e strumentari specifici

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Il risultato è una immediata ripresa funzionale e la consapevolezza di avere al loro posto integre, tutte le strutture muscolo-tendinee dell’articolazione. Questo protegge il paziente dal rischio di lussazione insito negli interventi di artroprotesi d’anca e accelera di conseguenza il recupero post-operatorio.

 Chirurgia mini-invasiva, nuove tecnologie ed una grande esperienza maturata in 14 anni di casi comportano vantaggi concreti.

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L’accesso mini invasivo anteriore all’anca. A Roma una realtà di successo dal 2003

 

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Sterilità | L’uso dei caschi abbatte il rischio delle infezioni


La tecnologia fa passi da gigante, i nuovi accessi mini invasivi contribuiscono a spostare in avanti l’orizzonte della chirurgia ma il tema più ricorrente in sala operatoria è sempre lo stesso: la sterilità.

Da quando il paziente entra in sala a quando esce, tutta una serie di accorgimenti fanno da contorno all’atto chirurgico vero e proprio. Dalla disinfezione del campo operatorio, che segue dei passi ben precisi quasi come fosse un rituale, al lavaggio e vestizione del chirurgo cui da qualche anno si è aggiunto l’uso dei cosiddetti Steril Shield (barriere sterili).


Veri e propri caschi che chiudono la testa del chirurgo per poter escludere qualsiasi possibilità di contaminazione derivante dalle tradizionali mascherine e cappellini non sterili. Studi scientifici hanno dimostrato che l’uso di questi caschi abbassa notevolmente il rischio di infezione derivante da fattori esterni al campo operatorio.


Da notare che per l’accesso mini invasivo anteriore all’anca il chirurgo può usufruire di speciali modelli dotati di fonte di luce. Infatti dal momento che la via offre una finestra davvero piccola (solo 8-10cm) risulta più difficile orientare le luci delle grandi lampade scialitiche all’interno della cavità. Cosi da qualche anno è disponibile questo speciale modello che favorisce il chirurgo nell’orientare a piacimento un fascio diretto di luce in modo da vedere all’interno di questo spazio straordinariamente minuto.

 

Patologie | La displasia dell’anca

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La displasia dell’anca nei bambini e nei neonati consiste in una non corretta forma della testa del femore e dell’acetabolo. Il termine più usato per questa condizione è displasia congenita dell’anca. Colpisce 1/2 bambini su 1000.

L’articolazione dell’anca collega il femore al bacino. Nella displasia la testa del femore non si adatta correttamente all’interno del cotile perché troppo poco profondo. Il femore può anche lussarsi da esso nei casi più gravi. Ciò può determinare una testa femorale di forma irregolare e lassità legamentosa.

Finché la displasia viene trattata in tempo, i bambini possono crescere normalmente, avendo piena articolata delle anche e condurre una vita normale. La causa di questa “anomalia” dell’articolazione non è del tutto chiara, ma si ritiene che possano sussistere fattori come ereditarietà, posizionamento nel grembo materno (i bambini che si trovano in posizione podalica avrebbero più probabilità di avere anche meno stabili rispetto a quelli in posizione normale), la posizione del bambino durante il primo anno di vita, la risposta del bambino agli ormoni della gravidanza.

Una testa del femore con evidenti segni di artrosi

Quando la displasia è diagnosticata nei primi anni di vita si può correggere con dei tutori esterni. Se invece viene diagnosticata tardi, quando il bambino sta già camminando, il trattamento può essere più complicato e gli esiti possono essere meno prevedibili.

Questa patologia può colpire una o entrambe le anche. I bambini affetti da displasia richiedono un trattamento, senza il quale la situazione può portare a gravi conseguenze nel corso della vita adulta come dolore e rigidità articolare, fino al danno articolare vero e proprio che esita inevitabilmente alla sostituzione protesica dell’anca.

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